Comitato Organizzatore dei Giochi del Mediterraneo sulla Spiaggia

Qualche notizia utile per chi vuole fare

Un po’ di geografia…
Cuba è situata all’ingresso del Mar dei Caraibi, poco a Sud del Tropico del Cancro, ed è la più grande delle isole del Caribe.
La bandiera nazionale (disegnata da Miguel Teurbe Tolón nel 1849) ha i colori bianco, rosso e azzurro: le strisce azzurre si riferiscono ai tre dipartimenti in cui era divisa Cuba a metà Ottocento (Occidente, Oriente e Centro); le due strisce bianche xnxx rappresentano gli xvideos ideali indipendentisti del youjizz popolo cubano; il triangolo rosso è simbolo di libertà, uguaglianza, fraternità e si riferisce anche al sangue che avrebbe dovuto essere versato per la conquista della libertà. La stella bianca, infine, sottolinea l’assoluta indipendenza da altre nazioni.
Cuba ha una superficie complessiva di annunci69 110.900 chilometri quadrati, di cui 3700 circa costituiti da 1600 isole minori, isolotti, atolli corallini, cayos, articolati in cinque arcipelaghi (Los Colorados, Sabana, Los Canarreos, Camagüey e Jardines de la Reina).
La piattaforma insulare presenta estese barriere coralline e ha fondi marini di spettacolare bellezza, con oltre 900 specie di pesci e 4000 di molluschi.
Il territorio è prevalentemente pianeggiante. Vi sono alcune catene montagnose di origine calcarea: la Sierra Maestra, nella parte meridionale, con il Pico Real del Turquino (1974 metri sul livello del mare); la Sierra del Eascambray, al centro; la Sierra de los Organos, nella parte più occidentale dell’isola, caratterizzata da mogotes, formazioni calcaree a pan di porno gratis zucchero ricoperte di fitta vegetazione; la Sierra del Cristal, con il massiccio di Baracoa, a Est.
Cuba ha circa 11 milioni di abitanti, distribuiti in 14 province (Pinar del Rio, La Habana, Ciudad de La Habana, Sancti Spiritus, Ciego de Avila, Matanzas, Villa Clara, Cienfuegos, Camagüey, Las Tunas, Holguín, Granma, Santiago de Cuba, Guantanamo) e inoltre il “municipio speciale” dell’Isla de la Juventud.
I cubani vivono di allevamento del bestiame e dei prodotti della terra (canna da zucchero, tabacco, caffè, frutta e agrumi). Le risorse dell’isola sono l’industria mineraria ed estrattiva e soprattutto il turismo, che si è molto sviluppato negli ultimi anni.
Il clima è tropicale; vi sono temperature medie di 25 °C, con punte di 21 °C in gennaio e di 30 °C in luglio.
La flora di Cuba è costituita da più di 8000 specie vegetali: tra queste, notevole è la palma reale (raggiunge 24 metri di altezza), che è anche rappresentata nello stemma nazionale. Sono caratteristiche, inoltre, la ceiba, il pino, la canna da zucchero, l’ananas (estese coltivazioni), il banano. Innumerevoli e bellissime sono infine le varietà di fiori.
Anche la fauna cubana è ricca di molte specie. Vi sono molte varietà di rettili: colonie di iguane che passeggiano in libertà in molte zone dell’isola; coccodrilli, presenti nella zona paludosa della penisola di Zapata; Majá de Santa Maria, un serpente boa che raggiunge i quattro metri di lunghezza. Vi sono inoltre straordinarie varietà avicole, che volteggiano a stormi nei cieli. Tra queste vi è il tocororo, simbolo della nazione. Infatti, l’elegante piumaggio di questo pappagallo esibisce gli stessi colori della bandiera cubana: bianco, rosso e azzurro.

… un po’ di storia

Il 27 ottobre 1492 Cristoforo Colombo approdò sulle coste di Cuba e la battezzò Juana, dopo averla definita «la terra più bella che l’occhio umano abbia mai visto» per via della vegetazione lussureggiante, del colore del mare, delle spiagge di sabbia finissima accarezzate dall’ombra delle maestose palme. Poi arrivarono i conquistadores, capeggiati da Diego Velázquez, a sconvolgere la vita delle popolazioni indigene che abitavano l’isola: i siboneys e i tainos, privati dei loro territori, sterminati o costretti in schiavitù.
La decimazione della popolazione locale, impiegata come manodopera nelle piantagioni di canna da zucchero, creò problemi agli spagnoli e questi iniziarono a deportare manodopera proveniente dall’Africa. I neri, strappati alla loro vita, ridotti a schiavi, venivano trattati brutalmente.
Nei lunghi anni che seguirono Cuba fu caratterizzata da un nuovo popolo, frutto della mescolanza di sangue indio, spagnolo e africano. Si formarono classi di grandi proprietari terrieri, che si arricchivano con lo zucchero ed entrarono presto in conflitto con gli spagnoli, per motivi di interesse. Vi furono ribellioni di schiavi e lotte tra coltivatori e latifondisti. Si manifestò una tale insofferenza per la pressione coloniale spagnola che, alla fine, la scintilla scoppiò: il 10 ottobre 1868 il proprietario terriero Carlos Manuel de Céspedes liberò i suoi schiavi e dichiarò che era giunto per Cuba il momento di conquistarsi l’indipendenza. Lo stato di insurrezione, poi di guerra vera e propria, durò circa un decennio ed ebbe come risultato l’abolizione della schiavitù nel 1886.
La maggior parte della popolazione viveva però in stato di estrema povertà. Scoppiò una seconda insurrezione, guidata da José Martí (oggi eroe nazionale cubano). Nel 1898 gli spagnoli, battuti, dopo quattro secoli di dominazione lasciarono definitivamente l’isola.
Cuba, però, ben presto divenne una specie di colonia commerciale degli Stati Uniti. Fulgencio Batista governava l’isola, e agevolò il dilagare dei ricchi nordamericani che si appropriarono di fatto del territorio.
Il 1953 vide l’entrata in scena di Fidel Castro che con centoventi giovani prese d’assalto la caserma Moncada a Santiago de Cuba nel tentativo di porre fine al governo di Batista. L’attacco fallì, i ribelli furono quasi tutti trucidati e Fidel Castro fu dapprima catturato e imprigionato, poi costretto all’esilio in Messico. Ma nel 1956 Castro tornò in patria e, dopo due anni di guerriglia in cui si distinsero anche le eroiche figure di Camilo Cienfuegos e di Ernesto Che Guevara, le truppe governative furono costrette alla resa, Batista costretto a fuggire in aereo a Santo Domingo e i ricchi statunitensi a tornare nel proprio paese.
A Cuba ebbe inizio un intenso periodo di riforme volto allo smantellamento del latifondismo e allo sviluppo scientifico, culturale, medico ed educativo e, inoltre teso a dare ai cubani la garanzia di servizi sociali (per esempio con un servizio sanitario all’avanguardia), un intenso processo di alfabetizzazione, e soprattutto l’ascesa verso una situazione di benessere e progresso. Ma nel 1961 gli Stati Uniti, dopo aver già messo in atto una serie di contromisure economiche punitive, appoggiarono un tentativo di colpo di stato. Questo culminò nel fallimentare sbarco di truppe mercenarie a Playa Girón (Baia dei Porci). L’allora presidente statunitense era John Kennedy.
Oggi l’economia cubana soffre ancora degli oltre trentacinque anni di blocco economico, gravoso per Cuba: i generi di prima necessità sono razionati, talvolta mancano acqua ed energia elettrica, i trasporti, resi molto efficienti dopo la Rivoluzione, oggi subiscono pesantemente la crisi energetica. Una situazione, questa di Cuba, che preoccupa molto. Tanto che all’Assemblea generale dell’Onu tutti i Paesi dell’Unione Europea hanno votato a favore della eliminazione dell’embargo. E Fidel Castro, durante il recente vertice mondiale della FAO tenutosi a Roma sulla fame nel mondo, non ha mancato di puntare il dito contro il principale affamatore del suo Paese: gli Stati Uniti. Il suo discorso ha colpito tutti. Castro è stato anche ricevuto da papa Giovanni Paolo II che ha condannato l’embargo americano e ha promesso una sua visita a Cuba.

… e le mie impressioni, più alcuni suggerimenti

Eh sì, caro visitatore di queste pagine, Cuba è un sogno. Ogni tanto mi scopro con lo sguardo perso nel vuoto a ripensarci… e ci sono stata nell’ormai lontano 1992.
Ci ero andata – realizzando un antico progetto – con “lo spirito giusto”, cioè quello di cercare, sia pure in un periodo breve, di capire com’era quel popolo che io (impegnata politicamente) ammiravo molto per ciò che ne sapevo “sulla carta”.
Sono tornata entusiasta soprattutto per alcuni aspetti che mi hanno particolarmente colpito e che “riassumo”:
– le persone (tutte – giovani, anziani, bambini, donne e uomini) hanno una bellezza e una innata allegria che scalda il cuore e non può che commuovere, specie se si tiene conto che dall’89 vivono un “periodo especial”, cioè un aggravamento del “bloqueo” (l’embargo decretato dagli Usa).
Con la trasformazione dell’Urss e dei paesi dell’Est europeo – pressocché gli unici che scambiavano le rispettive merci (con prevalenza del petrolio) con lo zucchero cubano – a Cuba è venuto a mancare proprio il petrolio, il che significa scarso carburante; ciò influisce sostanzialmente sui trasporti (auto private, ma anche mezzi pubblici) ma anche e soprattutto sull’utilizzo e la gestione delle macchine agricole (la raccolta della canna e di tutti gli altri prodotti della terra avveniva infatti ormai da tempo con mezzi meccanici che non è stato più possibile alimentare). E certamente non è stato sufficiente che i cinesi abbiamo donato qualche milione di biciclette al popolo cubano: dal 1989, niente è più come prima nell’isola (circa 12 milioni di abitanti).
Oggi, i paesi che ignorano quasi totalmente il bloqueo (e quindi forniscono merci a Cuba) sono il Canada, la Spagna e, molto moderatamente, Francia e Italia.
L’economia cubana, tesa al miglioramento continuo e costante delle condizioni di vita della popolazione, infatti, ha subito un colpo mortale (con particolare riferimento all’alimentazione, alla sanità, all’educazione e alla cultura – tuttora la scuola di ogni ordine e grado e l’assistenza e la ricerca in campo medico-sanitario sono al primo posto negli sforzi del governo cubano, e rendono comunque Cuba l’unica nazione dell’America Latina in cui il livello medio di vita della popolazione non ha alcun termine di confronto con gli altri paesi di quell’area, nei quali predomina una “convivenza” di pochi, ricchissimi, proprietari di industrie e di aziende agricole con ampie fasce di popolazione poverissima).
Conoscendo bene tutti gli elementi di questa grave crisi, appare ancor più incredibile che, comunque, i cubani “riescano a farcela” dignitosamente e non stupisce che di tanto in tanto vi sia comunque un certo numero di loro che tenta di andarsene… (se vi fosse stata, per ipotesi assurda, una situazione del genere da noi, penso che tutti gli italiani avrebbero scelto la via dell’emigrazione, come in effetti fecero in massa tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento…
Ma qui, si sa, ci hanno raccontato che c’era il “boom”, “c’era il benessere” e ci hanno invitato a perdere tutti i valori a pro di un consumo, di uno spreco, dell’accettazione acritica di un livello di sfruttamento sempre più accentuati… e così ci troviamo sempre più omologati, socialmente e culturalmente – e anche questi fattori aggravano la miseria di altri popoli…
Per tornare all’allegria dei cubani: si traduce in comportamenti solidali (è realmente “vissuta” da tutti la frase del “Che” che ho riportato al termine di questa pagina: “Ricordatevi che ciascuno di noi, da solo, non vale nulla”), amichevoli, cordiali, affettuosi ed espansivi che trasporta noi che viviamo in questa parte del mondo, sempre più egoista e legata ai miti della carriera, del denaro, del consumo, in un contesto totalmente diverso (io ho creduto, letteralmente, di vivere in qualcosa che assomigliasse molto a una “ricostruzione” ideale del Giardino dell’Eden di biblica memoria…).
Un’altra caratteristica della popolazione cubana che colpisce gli europei (specie quelli – e ce ne sono molti, troppi- che qui da noi hanno una “istintiva”, razzistica avversione per gli immigrati provenienti dai paesi africani), poi, è la gran mescolanza di popolazione di tutti i colori (compresi i discendenti di una colonia cinese installatasi nell’isola circa duecent’anni fa), che viene vissuta dai cubani in modo del tutto “normale” e naturale, a differenza di ciò che ancora ai giorni nostri avviene nei vicini, ricchi (si fa per dire, perché poi là le diseguaglianze sociali sono accentuate più che nel resto del mondo), avanzati (tecnologicamente, ma non socialmente) Estados Unidos. A proposito, parlando con i cubani non devi mai chiamare “americani” gli statunitensi, si risentono giustamente: americani sono infatti tutti i popoli che abitano quel continente, cubani compresi.
– Un altro aspetto, non secondario, che certamente contribuisce ad “agevolare” il primo, è il clima, subtropicale; vi sono temperature medie, come ho già accennato, di 25 °C, con punte di 21 °C in gennaio e di 30 °C in luglio; praticamente, una eterna “primavera avanzata”.
Con un clima di questo tipo, è facile immaginare che cosa sia la natura, perennemente vitale, con varietà di fiori e frutti che io neppure immaginavo esistessero (il Giardino dell’Eden, appunto).
Tutto è letteralmente immerso nel verde, nei fiori, nelle coltivazioni (il territorio è in grandissima parte agricolo, però, immagina che anziché un esteso campo di granturco tu ti trovi davanti a una immensa coltivazione di ananas – che si presenta anche come pianta bellissima e decorativa in sé: è il classico “spettacolo della natura”, da fermarsi, stupiti, ad ammirare).
Aggiungi un mare pulitissimo, trasparente, ricco di tutte le specie di pesci immaginabile, con spiagge estesissime di sabbia fine e bianca, impalpabile come farina e avrai un’idea di come potrai trovarti, per quanto riguarda questo aspetto.
Nella parte di Santiago de Cuba vi sono altrettante spiagge sabbiose e qualche cala rocciosa: lì è zona di montagne, come la parte a ovest di la Habana.
Occorre stare attenti al sole: io sono stata a Cuba nel mese di febbraio e dopo tre giorni, neppure passati al mare, avevo perso la mia aria da “mozzarella”, ma avevo anche il naso completamente spellato.
Per flora e fauna ti rimando a quanto ho già acennato sopra. Non vi sono propriamente animali pericolosi di mare e di terra: anche i coccodrilli (che non sono esattamente animali domestici) vivono solo in una parte circoscritta dell’isola; non te li trovi davanti all’improvviso, voglio dire, poiché stanno in un’ampia zona protetta e cintata.
Tra giugno e settembre so, tramite l’esperienza fatta da alcuni amici, che vi sono zanzare ben pasciute, per cui in quei mesi occorre avere con sé il classico “liquido repellente”, anche se nelle farmacie, anche dei piccoli centri, vi sono prodotti adatti alla difesa da questi insetti dei quali, con tutta la buona volonta’, non ho mai capito l’utilita’.
Ovviamente devi portare medicinali solo se sei, già qui, soggetta a una particolare terapia con un farmaco specifico: non è detto che a Cuba si riesca a trovare proprio “quel” medicinale. Se si tratta di qualche analgesico o di aspirina trovi comunque sul posto tutto cio’ che occorre.
Tra metà agosto e settembre so che vi sono abbondanti piogge (a volte veri e propri tornados): per le piogge, brevi e violentissime, c’è da dire che – grazie al clima sempre caldo – con la stessa rapidità con cui le strade diventano veri e propri torrentelli (specie nelle località ai piedi delle montagne, come quelle dalle parti di Santiago), altrettanto velocemente si asciugano del tutto.
A Cuba il turismo è andato via via acquistando un’importanza vitale e uno sviluppo notevole poiché porta valuta e, con questa, la possibilità di rifornimenti per la popolazione. E’ quindi un settore che fornisce un servizio veramente di prim’ordine.
Per i turisti non vi sono problemi di alimentazione (le cose più notevoli sono pesce, verdura e frutti tropicali di varietà che mi erano totalmente sconosciute, che si trovano in abbondanza). Da qualche parte ti puoi aspettare pizze o spaghetti, ma suppongo che tu preferisca scordarteli per un bel po’ per godere della cucina locale.
Sulle spiagge (non organizzate, intendo con ombrelloni, sdraio ecc. ecc. – vi e’ solo qualche attrezzatura messa a disposizione dagli alberghi che si affacciano su un certo tratto di mare), tutte libere, ovviamente, vi sono intraprendenti cubani che, con quei fornelletti a braci da campeggio (hai presente?) cucinano splendide aragoste e altri pesci fan-ta-sti-ci! (è tra i ricordi piu’ belli che ho!, perché poi fai subito amicizia con questi improvvisati, fantasiosi e fisicamente splendidi cuochi! e dopo un po’ ti ritrovi a darti reciprocamente pacche sulle spalle…)
Per i cubani i problemi di alimentazione vi sono, poiché la maggior parte dei generi alimentari è razionata (è come se fossero perennemente in guerra, e in qualche modo lo sono, escludendo fortunatamente l’aspetto cruento) e questo, devo dire, è stato un aspetto che – da turista a cui non mancava niente – mi ha disturbato un po’. Ma i cubani sono i primi a rendersi conto che il turismo è una fonte principale di ricchezza e quindi ti trattano con rispetto, gentilezza, amicizia qual è difficile trovare altrove. Loro, certamente, qualche problema ce l’hanno, questo sì.
Non voglio dimenticare di parlarti della musica, del ballo, delle espressioni che attraverso esse si manifestano nel popolo con significati e attinenze anche religiose: sopravvivono tradizioni del tutto pagane di origine africana che si mescolano ad altre di origine cristiana, le cui “rappresentazioni” consistono in azioni mimiche e musicali che ti lascio volentieri scoprire.
Queste tradizioni sono presenti con più frequenza nella zona di Santiago che, personalmente, è quella che amo di più. Spero che anche tu apprezzerai e ammirerai questo luogo meraviglioso e i suoi splendidi abitanti! Buon viaggio! E, se ci andrai, fatti sentire, al tuo ritorno.

Il ritorno dell’uomo al suo elemento fondamentale: l’acqua

L’uomo sta per tornare nel mare, come accadde milioni di anni fa ad alcuni mammiferi che divennero gli attuali cetacei? È improbabile perché per il momento mancano drastiche mutazioni anatomiche e fisiologiche che potrebbero farci presagire il ritorno all’ambiente liquido. Per poter rimanere immersi settimane e mesi, senza il pericolo di morire, dovremmo cambiare tutto il nostro corpo.
Dovremmo modificarne la forma, le braccia, le gambe, i polmoni, il cuore, le vene, le arterie, il fegato, i reni, la pelle ed il sangue. Anche se le immersioni con autorespiratore stanno diventando di gran moda, tuttavia nulla fa pensare che, nel grande schema evolutivo, sia stato programmato un ritorno dell’uomo all’acqua come creatura marina. Però a modo suo, cioè con i mezzi artificiali che ha saputo inventare, l’uomo sta preparandosi ad un ritorno al mare.

Per sopperire alla mancanza di grasso, migliora i suoi scafandri e le sue mute. Lotta per perfezionare le apparecchiature respiratorie e per conoscere meglio la fisiologia dell’immersione, perché in acqua egli non si sente mai completamente a proprio agio. Fino ad oggi, è riuscito a vivere un mese in una speciale base sottomarina. È molto orgoglioso di possedere e di sapere usare decine di sommergibili e di essere sceso a profondità superiori a quelle raggiunte dai capodogli.

Fra qualche decina di anni, grazie alle tecnologie mediche e chirurgiche più avanzate, forse alcuni di noi verranno trasformati in animali anfibi.
Anche se non può volare e non è in grado di immergersi con grande facilità, l’uomo ha conquistato l’aria, la luna e le fosse oceaniche più profonde. La conquista dell’idrosfera, pur non essendo ancora perfetta, è un fatto irrefutabile.

Tuttavia fin dai tempi più antichi l’uomo, con sforzi vani, aveva tracciato la via per il ritorno all’elemento che aveva dato vita ai suoi antenati. Ancora prima che ci fosse qualcuno capace di raccontarne le imprese, l’uomo si era immerso nelle baie del Mediterraneo orientale, nelle acque tiepide del Golfo Persico, dell’oceano Indiano, delle isole sparse nel Pacifico e persino in quelle gelate della Terra del Fuoco.

Questi sub primitivi erano spinti da motivi pratici o religiosi. Dalle acque poco profonde, ma misteriose, essi portavano via cibo e tesori, a cui si accomunavano fantastici racconti, che mantenevano viva tutta una mitologia: erano perle, coralli e storie di mostri oppure spugne e leggende di bellissime sirene. L’eroe sumero Gilgamesh, per esempio, trovò in fondo al mare la favolosa alga che dava la vita eterna ma purtroppo la smarrì.

Con conoscenze empiriche questi pionieri perfezionarono la tecnica di immersione in apnea e, in poco più di due minuti, riuscivano a scendere fino a 45-60 metri. Essi si tramandavano di generazione in generazione i segreti di quelle tecniche. Solo alla fine del diciannovesimo secolo tecnologia e scienza furono in grado di migliorarle e di preparare un equipaggiamento che aprisse veramente a tutti gli uomini il mondo dell’oceano. I progressi compiuti in questo senso furono sbalorditivi e coincisero con l’esplosione demografica ed industriale della nostra civiltà.

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Perché l’uomo è sempre stato attratto dalle profondità marine? Si trattava di un desiderio inconscio di ritornare nell’elemento che ha dato origine alla vita, oppure del bisogno di scoprire tutto quanto era mistero intorno a lui? È difficile dirlo. Le motivazioni apparenti erano comunque il desiderio di libertà e lo spirito di avventura. La libertà dal proprio peso e l’avventura dell’esplorazione di un mondo che dalla superficie era ed è assolutamente inimmaginabile.

Ma coloro che sentivano il bisogno di immergersi, non riuscivano a comunicare con esattezza le scoperte e le sensazioni provate. Venivano considerati uomini diversi: quasi stregoni. Ancora oggi coloro che hanno vissuto l’esperienza dell’assenza di peso e della libertà tridimensionale, che può essere provata solo in immersione o nelle passeggiate spaziali, hanno un segreto in comune: l’iniziazione ai riti del mare.

Disgraziatamente le motivazioni che spingono oggi l’uomo a scendere nell’oceano sono più materialistiche. In tutto il mondo c’è una tendenza a valutare i benefici della ricerca, come l’industria valuta la bontà degli investimenti in base ai profitti. Se le immersioni significano progresso, bisogna anche dimostrare che sono pratiche ed economiche.

Nella fascia in cui si scende con l’autorespiratore i sub hanno dimostrato di essere insostituibili. I salvataggi, i ricuperi, la raccolta del corallo e delle perle, la coltivazione delle ostriche in Giappone, le ricerche geologiche, biologiche ed ecologiche, la speleologia e l’archeologia sottomarina hanno dimostrato l’efficacia della presenza umana sott’acqua.

Per scendere a grandi profondità sono necessarie miscele gassose molto elaborate, abitazioni e camere di decompressione, cavi, attrezzi elettrici e vari mezzi di comunicazione. Inoltre ogni ora di lavoro sul fondo del mare è costosa e spesso pericolosa. Per questo le compagnie petrolifere, che impiegano il maggior numero di sub, usano metodi di lavoro alternati: impiegano apparecchiature completamente automatiche, controllate da telecamere a circuito chiuso, a cui affiancano delle capsule, collegate a piattaforme-base le quali ospitano uomini che lavorano a pressione atmosferica. I subacquei di. profondità, in questo caso, competono con i robot.

Sarebbe ugualmente errato asserire che i sub – o i robot – sono la migliore soluzione in tutte le occasioni. Si tratta della solita questione (affrontata in interminabili dibattiti): l’osservazione diretta nell’esplorazione spaziale può essere sostituita efficacemente da quella compiuta dagli strumenti? L’esperienza ha dimostrato che sono entrambe utili, tanto in mare quanto nello spazio extraterrestre.

Le passeggiate della Domenica mattina

A Villa Sciarra, piccolo gioiello verde della capitale, si “è consumato” Domenica 16 Marzo il terzo appuntamento con con Incontri con Alberi Straordinari. Una domenica caratterizzata dalla maratona di Roma con l’ inevitabile difficoltà negli spostamenti cittadini che ha provocato ritardi ( o blocchi nel traffico) ai partecipanti. Con un discreto gruppetto, che un po’ alla volta è cresciuto con il sopraggiungere dei “ritardatari” ,dal punto di incontro accanto alla voliera dei pavoni ci siamo mossi per esplorare le bellezze nascoste di questo piccolo gioiellino verde incastonato tra le mure gianicolensi con una vista panoramica considerevole.

Spettacolare e direi “senza fiato” è stata la foritura delle magnolie decidue , fiori bianchi e rosa (come quelli della soulangeana); fiori bianchi come quelli della michelia; più viola acceso quelli della Liliflora. Stupore anche e “rabbia” ha creato la pulizia del verde svolta dal servizio giardini dello spazio selvaggio (quello delle ninfe Furrinae) accanto alla casina con la torre neogotica che diverrà la sede del museo della matematica.

Una pulizia che ancora una volta (come è già successo con Villa Celimontana) ha visto un accanita e inspigabile “pulizia etnica” nei confronti degli alberi di alloro , completamente dimezzati e trasformati a cespugli. Una nota talmente stridente (vedere tronchi tagliati accanto alle magnolie in fiore) che forse ha provocato orrore anche nei numerosi alberi secolari presenti nella villa .(durante la tempesta di pasquetta un cedro si è schiantato,forse per le nuovi correnti d’aria , prima protette dalla vegetazione o solo forse per la tristezza o l’orrore dello spettacolo che è stato costretto a vedere? uomini con motoseghe che tagliavano, tagliavano, tagliavano….

Nei pressi del passaggio creato nelle mura abbiamo iniziato a ripercorrere la storia della Villa. Una storia ricca di avvenimenti e presenze  significative sin dai tempi dell’antica Roma , quando ospitava ( con un’estensione maggiore che occupava tutta la collina e che arrivava all’attuale Viale Trastevere) gli Orti di Cesare, dove la leggenda vuole che sia stata ospitata Cleopatra. Nella zona esisteva, inoltre, un bosco sacro (lucus furrinae) dedicato alla ninfa Furrina ( localizzato nella attuale “zona selvaggia” accanto alla torre neogotica- segno forse che lo “spirito delle ninfe” è ancora attivo?).

Resti di un tempo siriaco furono poi scoperti dall’archeologo Pauk Gauckler nel 1909. Diventa villa urbana , grazie alla Mura Gianicolensi che ora la delimitano, nel 1642-44 e realizzate dal papa Urbano VIII Barberini . Negli anni si succedono diversi proprietari. Dal 1710 al 1740 il cardinale Pietro Ottoboni , grande mecenate (di Haendel, Scarlatti, Filippo Juvarra ) e uomo di cultura ( promotore dell’Arcadia insieme alla regina Cristina di Svezia) che la utilizza come azienda agricola. Nel 1749 viene acquistata da Cornelia Costanza Barberini , moglie di Giulio Colonna di Sciarra. Nel 1711 il nipote Maffeo Sciarra la ingrandisce acquistando l’adiacente Orto Crescenzi.Nel 1849 , l’anno della Repubblica Romana, diventa luogo di battaglia, “all’arma bianca”, tra garibaldini e francesi (la prima breccia sulle fortificazioni repubblicane avviene proprio sul suo perimetro) e subisce gravi danneggiamenti Nel 1851 inizia la gestione di Maffeo II Barberini Sciarra di Colonna che agisce con delle lottizzazioni dell’area (che così si riduce a quella attuale) e delle speculazioni finanziarie che lo portano in breve tempo al fallimento. Dopo alcuni brevi passaggi, nel 1902 la villa viene acquistata dai coniugi americani George Washington Wurts ed Henriette Tower (quest’ultima

Emiliano Ricotta

Salute a tutti, mi chiamo Emiliano Ricotta e sono nato a Roma il 16 Luglio 1974. Ho coltivato da sempre interessi musicali, in particolare per i cantautori italiani. Ho conseguito la Maturita’ Artistica e poi mi sono iscritto alla Facolta’ di Architettura. Nel gennaio 2000 un mio amico mi iscrisse, a mia insaputa, ad una rassegna rock costringendomi, in brevissimo tempo, a mettere per iscritto alcune canzoni che mi frullavano per la testa da tempo. In quella manifestazione ho ottenuto, con le canzoni presentate (Non ti fermi mai, Giorno di festa, L’innocenza non perderla mai e una di Mogol-Battisti: Le tre verità) suonate e cantate da solo con una chitarra, un inaspettato gradimento da parte del pubblico e della commissione giudicatrice.

Questo fatto ha contribuito ad incoraggiarmi nel continuare a comporre e ho scritto altri pezzi completi di testi e musiche. Mi sono quindi iscritto, in qualità di autore e compositore melodista, alla SIAE dove finora ho depositato alcuni brani che ho raccolto in un CD dal titolo “FRAMMENTI” che potete ascoltare alla pagina MUSICA. I brani sono stati da me registrati utilizzando un micro-studio di registrazione basato su PC, cantando sia la voce principale che le altre voci, suonando le chitarre (acustica ed elettrica) e la tastiera elettronica.

Le mie canzoni parlano di vita quotidiana. Alcune di esse sono una rivisitazione dell’universo adolescenziale del quale non ho perso la poesia del ricordo. Sono una persona comune e, come tale, vivo senza privilegi, come la maggior parte di noi prendo gli autobus, i treni, cammino per le strade insieme agli altri e mi rendo conto che il mondo, la vita sono pieni di violenza ed emarginazione.In questa vita così densa di presenze tangenziali, azzerata ad ogni generazione, affollata di solitudini ho sentito crescere in me, giorno dopo giorno, l’esigenza di comunicare agli altri i miei sentimenti. Canto quindi l’amore e le piccole contrarietà della vita quotidiana che appartengono ad ognuno di noi.

DOMANDA
Quando hai incominciato ad occuparti di musica e, in particolare, di canzoni?

RISPOSTA
Fin da bambino, verso i 6 anni, in particolare cantavo le canzoni di Fabrizio De André, Francesco Guccini e Lucio Battisti: ne sapevo diverse a memoria. Solo verso i 17 anni ho imbracciato una chitarra classica e ho iniziato a riprodurre con lo strumento brani, oltre che dei precedenti, di Claudio Baglioni, Vasco Rossi e di tanti artisti anche stranieri, specialmente David Bowie e i Beatles. Non cito qui altri perchè sarebbe troppo lungo il farlo (spero che non me ne vogliano) ma tutti hanno avuto per me la stessa identica importanza.

DOMANDA
E quando hai deciso di scrivere delle canzoni tue?

RISPOSTA
Mentre provavo quelle degli altri mi veniva spontaneo cambiare i giri, persino le parole, adattandoli alle mie esperienze e alle mie fantasie. Ad un certo punto sono passato alla chitarra acustica e quel suono diverso mi ispirava ancor di più e ho cominciato a suonare qualcosa di completamente mio. E’ stato comunque un processo graduale che è andato avanti per anni: mi appuntavo le parole, gli accordi, a volte registravo il tutto su un comune registratore a cassette. Poi ho messo le mani su una tastiera…ed è stato amore al primo accordo… Infine, circa 3 anni fa, ho deciso di concretizzare tutto questo lavoro e, in un tempo relativamente breve rispetto al precedente, ho trascritto i brani finiti, mi sono iscritto alla SIAE e ho registrato il mio primo CD, completamente autoprodotto, facendo di necessità virtù (non ho soldi da spendere!).

DOMANDA
Avendo questo talento, come mai non ti sei dedicato a tempo pieno alla musica?

RISPOSTA
Per quanto considerassi e consideri tuttora quello del musicista un mestiere affascinante, addirittura grandioso, avevo la sensazione che sarebbe stato troppo rischioso puntare esclusivamente su di esso, e poi avevo sentito raccontare tristi storie al riguardo; perciò ho deciso di continuare a coltivare questa mia grande passione, diciamo in sordina, fino a quando non si presenterà qualche buona occasione, intanto cerco di assicurarmi una professionalità ulteriore, sempre connessa all’Arte e alla creatività, con gli studi di Architettura.

DOMANDA
Come nascono le tue canzoni e quante ne hai composte finora?

RISPOSTA
Alla base c’è un’idea, un’esperienza mia o di altri, qualcosa che susciti in me un’emozione e un’urgenza di esprimerla. Le parole e la musica nascono per lo più insieme in un inestricabile gioco di rincorse: una frase diventa suono e viceversa. Almeno finora è stato così. Oltre alle 11 inserite nel CD “FRAMMENTI” ne ho composte altre 32 in buona parte complete di testo e musica, in totale 43, solo alcune sono ancora da finire o da sviluppare.

DOMANDA
Che progetti hai per il futuro?

RISPOSTA
Voglio completare i miei studi di Architettura e contemporaneamente vorrei cercare di accelerare l’attività musicale, farne molta di più dal vivo. Finora ho avuto poche occasioni di esibirmi in pubblico, anche perchè non le ho cercate, mi sono capitate per caso. Ma quelle poche volte sono state molto gratificanti perchè ho sentito che le persone mi ascoltavano e mi apprezzavano, è stato bello emozionarsi insieme! E poi sento ancora tante canzoni dentro di me…